
La mappa dei cavi sottomarini che vede come punti strategici nel Mediterraneo Genova e la Sicilia (Fonti: Submarine cable map; Persistence Market Research; TeleGeography e Infra-Analytics)
Roma, 28 settembre 2025 – La "spina dorsale della connettività globale", come la definisce Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto italiano di studi strategici Niccolò Machiavelli, è garantita da 500 cavi sottomarini, "non più spessi di un tubo da giardino", da lì transita il 98% delle comunicazioni mondiali. E da queste autostrade del mare, è l’analisi dell’esperto, passa anche "una guerra globale, quella cibernetica nel quinto dominio, dopo terra, mare, aria e spazio". Conflitto invisibile ai civili ma assolutamente reale. Una sfida molto complessa.

Cavi sottomarini, i numeri
I cavi sottomarini si estendono per 1,4 milioni di chilometri in tutto il globo, nel 2040 si prevede che la rete raggiungerà i 2,4 milioni. Oggi sono in azione 62 navi nel mondo per la posa e la riparazione. Ma per quella data, sempre nella previsioni degli esperti (vedi l’ultimo rapporto TeleGeography e Infra-Analytics), aumenteranno inesorabilmente anche le riparazioni.
A questo link le info del Polo nazionale della dimensione subacquea
Cavi sottomarini, incidenti e sabotaggi
Proteggere i cavi sottomarini è una priorità politica mondiale. Riaffermata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha indicato quattro priorità: posa di nuove infrastrutture e diversificazione dei rischi, rilevamento e allerta precoce di attività sospette, riparazioni rapide e infine deterrenza, che deve prevedere conseguenze quando si accerta che i problemi sono stati provocati da azioni deliberate.
Cavi in fibra ottica e cavi elettrici garantiscono prima di tutto comunicazioni globali e sicurezza negli approvvigionamenti. Però sono vulnerabili. Sabotaggi ma anche pesca, disastri naturali o ancoraggio, correnti, animali marini o usura: ecco i pericoli che li minacciano in un ambiente che è già molto ‘ostile’, basta considerare pressione e salinità. E spesso non è semplice dipanare il mistero, capire se si sia trattato di atto deliberato o incidente. D'Arrigo ha la spiegazione: "Questa è proprio l'essenza stessa della guerra ibrida".
Il dubbio vale anche per i cavi messi fuori uso a inizio settembre nel Mar Rosso, punto di passaggio obbligato e strozzatura (choke point) tra Asia ed Europa. Ultimo episodio di una lunga serie in tutto il mondo, da Marsiglia al Baltico al Mediterraneo, dove ad esempio sono state accertate attività di spionaggio cinese.
Tra i più recenti allarmi sulla vulnerabilità dei cavi sottomarini c’è quello lanciato in Gran Bretagna dal comitato parlamentare per la strategia di sicurezza nazionale, che ha appena chiesto al governo di rafforzare le difese.
Chi sono i nemici dei cavi sottomarini
Direttore D’Arrigo: ma chi sono i nemici dei cavi sottomarini, oggi? "Tutti quelli che vogliono sovvertire l’ordine mondiale. Quindi i soliti noti: Russia, Iran, Cina, Corea del Nord, i proxy di questi Paesi e le organizzazioni terroristiche". E "per prevenire gli atti di sabotaggio, bisogna dotarsi di sensori e sistemi di monitoraggio continui. I proprietari dei cavi hanno l’obbligo di difendere le infrastrutture. Ma è praticamente impossibile sorvegliarle, a livello mondiale". Le reti di nuova generazione per arrivare all’obiettivo ’arruolano’ l’intelligenza artificiale. D’Arrigo però ricorda che non dobbiamo fare i conti solo "con il danneggiamento materiale delle infrastrutture. C’è anche un problema di esfiltrazione dei dati, di deviazione e rallentamento della velocità con cui le informazioni percorrono la rete".
Il Polo nazionale della dimensione subacquea
L'Italia come nazione "si sta attrezzando ora, con il Polo della subacquea voluto dal Governo e guidato dalla Marina Militare, con il coinvolgimento di tutte le aziende del settore. Si sta cercando ci costruire un sistema di monitoraggio del Mediterraneo per tutelare e difendere i cavi che passano nelle nostre aree di competenza". Anche se "i cavi non sono di proprietà dello Stato ma delle aziende, a loro spetta la sorveglianza. L'Italia invece ha ad esempio la responsabilità di monitorare il nostro gasdotto dall'Algeria, questo è un asset strategico".
Cavi sottomarini, i punti vulnerabili
"Il punto più vulnerabile – spiega D’Arrigo - è quello che consente di portare a termine più facilmente operazioni di sabotaggio. Nel Baltico è facile operare con le navi fantasma, come fanno russi e cinesi, che danneggiano il cavo arando il fondo con l’ancora. Ma quest’area geografica è molto monitorata, anche dai satelliti Nato. Oggi la zona più a rischio è il Medio Oriente. Perché i fondali sono bassi, da lì passano tantissimi cavi che attraversano il Mediterraneo, ’polmone’ strategico a livello globale. Qui è molto facile portare a termine operazioni di sabotaggio anche per chi non dispone di mezzi avanzatissimi di subacquea. Nel Baltico queste azioni sono più difficili, anche per le condizioni atmosferiche e per la profondità dei fondali".
Sotto le acque del Mediterraneo, ha ricordato di recente il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, scorre anche "il 30% dei flussi di petrolio del pianeta".
Le sfide future del dominio subacqueo
"Non esiste un’alternativa ai cavi sottomarini - sottolinea D’Arrigo - perché solo la fibra ottica garantisce velocità e quantità di trasmissione dati. Non solo: il messaggio del satellite è suscettibile di interferenze, ad esempio se c'è cattivo tempo. E la capacità di trasmissione via frequenza è molto inferiore". La garanzia di queste infrastrutture, rimarca l'esperto, è che "hanno la capacità di smistare il traffico da un sistema all'altro, puoi avere rallentamenti ma quasi mai l'interruzione completa delle trasmissioni, cosa che invece può accadere con i satelliti".
La 'piramide' subacquea
Sotto al mare s’incrociano tante storie, c’è il traffico internet e ci sono le reti energetiche. Cosa dobbiamo mettere al primo posto? "Intanto quello che passa sopra il mare, perché oggi il 97% di tutto ciò che si commercia nel mondo, si muove attraverso questa via – non ha dubbi il direttore dell’Istituto Niccolò Machiavelli -. Quindi, la prima cosa da garantire è la sicurezza della navigazione, evitando i blocchi, ad esempio di Suez. Perché in quel caso non si danneggia solo l’Egitto ma si ferma la logistica mondiale. La libertà della navigazione condiziona anche le infrastrutture sottomarine. Dal punto di vista globale, essendo il mondo interconnesso, vengono prima le infrastrutture della rete, le telecomunicazioni. Ma dal punto di vista di ogni singolo Stato, la priorità è data dall’approvvigionamento delle risorse energetiche. Per l’Italia è molto più grave se c’interrompono la possibilità di produrre energia. Se non c’è quella si ferma tutto, perché viene a mancare la corrente che alimenta i cavi. Quest’estate tutta la Spagna e la Francia meridionale sono rimaste al buio per 12 ore, molte agenzie di servizi segreti stanno indagando, nulla di ufficiale ancora nelle conclusioni. Ma con quell’evento, si è tornati al Medioevo. Quindi: tutti sono concentrati sull'informatica, ma la priorità vera è l’energia. Se i cavi funzionano ma il Paese non ha la corrente, io quei cavi non li posso sfruttare".



